Adeguamento ISTAT del canone di locazione: ai fini impositivi non è sufficiente la mera previsione contrattuale, ma occorre la prova della richiesta e del versamento.

by AdminStudio

“La richiesta di pagamento degli interessi contrattualmente pattuiti dalle parti in conseguenza degli oneri sopportati dal locatore per la ristrutturazione dell’immobile, sia in caso di locazione ad uso diverso da quello di abitazione, sia in caso di locazione di immobili ad uso abitativo, costituisce condizione per il sorgere del relativo diritto; pertanto solo a seguito di tale richiesta il locatore può esigere il pagamento degli interessi, ne consegue che ove non sia stata richiesta la corresponsione, l’ente impositore non può invocare la presunzione di intervenuto versamento degli interessi ai fini dell’imposizione”.

Questo il principio di diritto sancito con ordinanza n. 8301 (Pres. Cataldi, Rel. Di Marzio) del 29 marzo 2025 dalla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione.

Nei fatti l’Agenzia delle Entrate notificava ad una Srl un avviso di accertamento avente ad oggetto Ires, Iva ed Irap in relazione all’anno 2009, recuperando a tassazione maggiori proventi da locazione immobiliare. In particolare l’Amministrazione finanziaria contestava che la società non avesse dichiarato e sottoposto ad imposizione i maggiori redditi conseguenti all’incremento Istat annuale previsto dal canone di locazione e gli interessi sugli oneri sostenuti per la ristrutturazione dell’immobile. In seguito agli esiti sfavorevoli l’Agenzia proponeva ricorso in Cassazione lamentando come la CTR per avesse errato nella valutazione della prova presuntiva con la quale era stato dimostrato l’incremento del reddito percepito per effetto dalla locazione dell’immobile, in quanto il maggior reddito contestato era espressamente previsto nel contratto di locazione, e non vi era prova che la locatrice vi avesse rinunziato.

Come noto a seguito dell’abrogazione dell’art. 24 della legge n. 392 del 1978, il quale prevedeva la necessità della richiesta per l’aggiornamento del canone, ad opera della legge n. 431 del 1998, la richiesta di aggiornamento del canone non è più necessaria.

Come precisato dai Giudici, tuttavia, “la ricordata riforma legislativa ha comportato l’esclusione della previsione di una espressa richiesta di aggiornamento del canone, ma neanche ha previsto che l’aggiornamento operi automaticamente per il solo fatto di essere stato contrattualmente previsto dalle parti”.

Infatti, secondo consolidata giurisprudenza, “in tema di locazione, la richiesta di aggiornamento del canone da parte del locatore costituisce condizione per il sorgere del relativo diritto, con la conseguenza che il locatore stesso può pretendere il canone aggiornato solo dal momento di tale richiesta, senza che sia configurabile un suo diritto ad ottenere il pagamento degli arretrati, e ciò sia in caso di locazione di immobili ad uso non abitativo, giusta disposto dell’art. 32 della legge cosiddetto sull’equo canone, sia in caso di locazioni ad uso abitativo, ex art. 24 stessa legge” (Cass. sez. III, 2.10.2003, n. 14673).

La stessa Corte ha più di recente di confermato: che “la richiesta di aggiornamento del canone da parte del locatore, sia in caso di locazione di immobili ad uso abitativo, sia in caso di locazione ad uso diverso da quello di abitazione, costituisce condizione per il sorgere del relativo diritto. Ne consegue che solo a seguito di tale richiesta il locatore può domandare il canone aggiornato, per cui, ove non sia mai stato richiesto l’aggiornamento (o non sia stato convenuto tra le parti), lo stesso non rileva per la quantificazione dell’indennità ex art. 1591 cod. civ. per il ritardato rilascio dell’immobile” (Cass. sez. III, 26.5.2014, n. 11675); e che “in base all’art. 32 della l. n. 392 del 1978, così come novellato dall’art. 1, comma 9-sexies del d.l. n. 12 del 1985, conv. dalla l. n. 118 del 1985, il locatore, su conforme pattuizione con il conduttore, è abilitato a richiedere annualmente l’aggiornamento del canone per eventuali variazioni del potere di acquisto della moneta; pertanto, è contraria al disposto normativo la clausola che preveda una richiesta preventiva dell’aggiornamento con effetto attributivo di tutte le variazioni ISTAT che intervengano nel corso del rapporto ovvero una richiesta successiva riferita ad anni diversi da quello immediatamente precedente, e ciò perché la richiesta si pone come condizione per il sorgere del relativo diritto” (Cass. sez. III, 7.10.2021, n. 27287).

La Corte ha dunque respinto il ricorso in assenza di prove circa la richiesta di adeguamento del canone ed ha al contempo chiarito che “il principio espresso risulta estensibile, per comunanza di ratio, anche agli interessi contrattualmente pattuiti dalle parti in conseguenza degli oneri sopportati dal locatore per la ristrutturazione dell’immobile”.

 

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