Frazionamento di una unità immobiliare: nel classamento delle nuove unità non è affatto determinante il classamento precedente.

by AdminStudio

La Sezione Tributaria della Corte di Cassazione, respingendo un ricorso dell’Agenzia delle Entrate, nell’ordinanza 9379 del 10 aprile 2025 (Pres. Stalla, Rel. Dell’Orfano) afferma alcuni interessanti principi in relazione al classamento catastale degli immobili.

Sappiamo che un tema molto caro all’Amministrazione è quello della conservazione (o addirittura del miglioramento) del classamento (ovvero della categoria e della classe da assegnare) in caso di unità immobiliari risultanti da un frazionamento. In sostanza se si divide la superficie di un A/1 avremo più unità tutte in A/1, quindi di ugual pregio pur essendo più piccole di quella preesistente. Il che evidentemente cozza contro una logica di normale apprezzamento delle qualità del bene.

Su questo tema interviene anche la Cassazione nella specifica vicenda.

Con il primo motivo AdE aveva denunciato infatti, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., violazione dell’art. 40 del Decreto del Presidente della Repubblica 1 dicembre 1949, n. 1142, per avere la Commissione tributaria regionale erroneamente ritenuto che le porzioni immobiliari, originate dalla suddivisione e ristrutturazione di un immobile già classificato in categoria A/8, dovessero definirsi come cespiti indipendenti.

La Corte premette che il Quadro generale delle Categorie stabilito con regolamento dalla Direzione Generale del Catasto e dei Servizi Tecnici Erariali ai fini della qualificazione delle unità immobiliari urbane in esecuzione del R.D.L. 13 aprile 1939 (“Accertamento generale dei fabbricati urbani, rivalutazione del relativo reddito e formazione del nuovo catasto edilizio urbano”) convertito nella L. 11 agosto 1939 n. 1249, divide tutti gli edifici in cinque gruppi.

Il gruppo “A” è ripartito nelle seguenti categorie: A-1 – Abitazione di tipo signorile; A-2 – Abitazioni di tipo civile; A-3 – Abitazioni di tipo economico; A-4 – Abitazioni di tipo popolare; A-5 – Abitazioni di tipo ultrapopolare; A-6 – Abitazioni di tipo rurale: A-7 – Abitazioni in villini; A-8 – Abitazioni in villa; A-9 – Castelli, palazzi di eminenti pregi artistici o storici; A-10 – Uffici e studi privati; A-11 – Abitazioni ed alloggi tipici dei luoghi.

Il secondo gruppo (B) comprende collegi, caserme, case di cura, prigioni, uffici pubblici, biblioteche, accademie, gallerie, musei che non abbiano sede in edifici della categoria A-9, cappelle e magazzini sotterranei.

Il terzo gruppo (C) comprende negozi, botteghe, magazzini, laboratori, stabilimenti balneari e sportivi etc.

Il quarto gruppo (D) comprende immobili c.d. “a destinazione speciale” (opifici, alberghi e pensioni, teatri etc).

Il quinto gruppo (E) comprende immobili c.d. “a destinazione particolare” (stazioni di servizio, fortificazioni, fari, chiese, cimiteri etc.).

Ciò posto si osserva che la legittimità del surriportato Quadro Generale delle Categorie costituisce tutt’ora la base portante per la determinazione dei redditi immobiliari urbani.

Se è vero, dunque, che, a norma dell’art. 3 del R.D.L. 652 del 1939, l’accertamento generale degli immobili urbani deve essere fatto per “unità immobiliare”, che si considera tale, in base al successivo art. 5, “ogni parte di immobile che, nello stato in cui si trova, è di per se stessa utile e atta a produrre un reddito proprio”, e che ai sensi dell’art. 8, comma primo, del R.D.L. 652 del 1939, e degli art. 6, comma 1 e 61, comma 2, D.P.R. n. 1142/1949, la categoria e la classe catastali debbono essere attribuite in ragione delle caratteristiche intrinseche che determinano la destinazione ordinaria e permanente delle unità immobiliari, avendo così riguardo l’accatastamento alla situazione reale o di fatto, ben può, quindi, anche un singolo immobile scindersi, agli effetti catastali, in tante unità immobiliari distinte quando sono ciascuna idonea a produrre un reddito suo proprio.ù

In conclusione:

“In ipotesi di frazionamento di un immobile in distinte unità immobiliari, la tipologia catastale di un edificio non determina, dunque, automaticamente la medesima tipologia per ogni singola unità immobiliare che ne faccia parte, occorrendo tener conto delle relative condizioni concrete e delle caratteristiche intrinseche ed estrinseche (in termini cfr. Cass. nn. 25805 del 2022, 14867 del 2013, 10013 del 2003)”.

Nel caso in esame, la Commissione tributaria regionale ha rilevato che ciascuna delle nove unità immobiliari – derivanti dal frazionamento di unità immobiliare accatastata come A/8 -, di dimensioni inferiori a 209 mq, senza finiture “di livello superiore all’ordinario”, non potevano ritenersi unità autonome, costituendo, “di fatto, appartamenti condominiali”, escludendo pertanto dal punto di vista catastale la sussistenza di “un unico compendio”, e confermando l’accatastamento, proposto dalla contribuente, nella categoria A/2, classe 4.

Le affermazioni dei Giudici di appello, concludono i Giudici di Legittimità, sono conseguentemente conformi ai principi di diritto predetti.

 

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